«Grazie perché in una serata così bella avete scelto me». Inizia con un grazie e la leggerezza di un acquerello dipinto in diretta il racconto di Simona Atzori, ballerina, pittrice, scrittrice e speaker motivazionale, ospite a Desenzano del Garda.
Il pubblico riunito nel chiostro del Museo Rambotti, in una piacevole serata di fine estate, è curioso di ascoltare il suo viaggio nella vita, iniziato 49 anni fa quando, venendo al mondo, Simona creò “un gran casino!”. Non le mancano di certo l’ironia e la gioia di vivere, eredità della sua amata mamma Antonina, scomparsa dieci anni fa, che nella sua vita è stata amore e guida, grande “maestra di sorrisi”.
Simona Atzori è una vera forza della natura e la sua “pittura motivazionale” è un modo per dire a tutti che se lo si vuole davvero, si può fare qualunque cosa. Ciò che per gli altri è mancanza è diventato per lei motivo di forza.
Nata senza braccia, grazie a un singolare talento e alla sua caparbietà, è diventata una ballerina e pittrice di successo. Ad appena quattro anni ha iniziato a dipingere utilizzando bocca e piedi, a sei anni ha cominciato a seguire corsi di danza classica, e da allora non si è mai fermata.
«Attraverso la mia arte, la danza e la pittura, vi racconto un po’ di me e vi esorto a sognare sempre, come ho fatto sin da bambina. A sognare in grande, perché i sogni sono energia, nutrimento, vita».
Quando da bambina le chiedevano “cosa vuoi fare da grande?”. Lei rispondeva senza esitazione “la ballerina e la pittrice”. Se sulle facce della gente comparivano espressioni strane, chiedeva spiegazioni a mamma “Tonina”, la quale «mi diceva sempre di andare dritta verso il mio sogno, perché “quando vai verso ciò che ti piace, sei felice“. I miei sogni sembravano strani, ma allora il problema ero io!? Io volevo davvero fare la ballerina e la pittrice… Così ho studiato e studio ancora, mi sono impegnata, ci ho creduto e ci credo ancora. Ogni giorno faccio ciò che amo».
I sogni vanno custoditi e coltivati con determinazione. «A 8 anni – prosegue Simona – entrai nell’Associazione dei pittori che dipingono con la bocca e con il piede, e lì ho iniziato il meraviglioso cammino nel mondo dell’arte: il mio gioco».
Cosa ci manca per essere felici?
Nella vita, ricorda Simona, ci sono tanti grazie da pronunciare. «Il mio primo grazie va a due persone che mi hanno accolto su questa terra, che sono la mia mamma e il mio papà. Perché quando sono arrivata qui ho fatto un gran casino, ma è stato l’inizio di un viaggio meraviglioso. Sono venuta al mondo perché proprio qui c’era qualcosa per me e per i miei genitori. Mamma e papà con il loro amore hanno accolto quella bambina arrivata proprio per loro, un piccolo terremoto da gestire. E anche i miei genitori si sono chiesti “cosa ci manca per essere felici?”, domanda che è diventata ispirazione del suo primo libro».
Quando Simona, autrice di quattro libri, presenta serate come quella desenzanese non mancano di certo le domande, anche quelle strane o azzardate. La sua forza, la sua potente intensità incuriosiscono e affascinano. «Una sera un frate, alla fine di un evento, mi ha chiesto “dì la verità: tu ti senti una privilegiata, vero?”. Come faccio a essere una privilegiata se gli altri mi vedono con due braccia in meno? Eppure è vero, io mi sento una privilegiata. Quello che gli altri vedono come qualcosa in meno è il mio qualcosa in più. È l’opportunità che mi ha dato la vita di scegliere la vita e di realizzare i miei sogni».
Simona e la forza delle mani in basso
«Io ho le mani in basso», scherza Simona. «Non abbraccio, “aggambo”. E mi spiace per voi che avete i piedi chiusi nelle scarpe. Io i miei li lascio liberi; ho avuto la necessità di sviluppare qualcosa che per me è stato spontaneo. Già nella culla cercavo di prendere le cose con i miei piedini. Ho sviluppato la mobilità delle dita e lascio ai miei piedi la possibilità di essere mani e piedi. Il corpo si adatta, anche la mente e il cuore si adattano».
Simona ha scelto di andare verso i suoi doni. La danza e la pittura ne sono la sua espressione primaria. «Passo dopo passo ho seguito il mio percorso. Ho viaggiato e incontrato tante persone. E oggi, sì, mi sento una privilegiata. Mi piace pensare che nella mia fragilità c’è tutta la mia forza.
Io non sono né la poverina né la wonder-woman, io voglio essere solo io. È nel nostro modo di essere che c’è la nostra vera essenza. Ho imparato, e imparo tutti i giorni, che il rispetto è qualcosa di sacro. Non va mai dato per scontato. Il rispetto va mostrato, soprattutto nelle diversità».
Perché chi è diverso ci fa paura?
Perché chi è diverso ci fa così paura? Per Simona Atzori «la diversità ci fa vedere le nostre debolezze e le nostre paure, ci scava dentro. E noi non vorremmo vederle. Ma ricordiamoci che lo sguardo ha una grande forza comunicativa e il modo in cui guardiamo l’altro può fare tanto. Dobbiamo pensare qual è lo sguardo che vorremmo ricevere: lo sguardo “col meno”, che è come un coltello o una spada, e può fare molto male? O uno “sguardo col più” col sorriso che fa bene all’altro?».
simonarte.com
Il sogno di Simona
C’è un sogno che Simona non ha ancora realizzato? «Lasciarmi ancora sorprendere dalla vita. A volte si realizzano cose che sono più grandi dei sogni stessi. A volte sognare ci limita se poi la realtà ci sorprende. Io spero che la vita mi sorprenda ancora tante volte, questo è il mio sogno».
Si è chiusa con un caloroso applauso e tanti abbracci la serata di Simona Atzori a Desenzano del Garda, un evento che per molti rimarrà indimenticabile.
Francesca Gardenato